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Mostra Personale “L’ 8 marzo e i 150 anni dell’Unità d’Italia”
L’arte di Paola Imposimato si distingue in una vivida e originale miscela – quasi ossimori figurativi – di classico e di contemporaneo, di onirico e di attuale, di epico e di storico. Le sue opere tendono alla grandiosità, si giovano di un gusto della vasta scenografia (emblematiche le numerose committenze a lei affidate di dipinti di Drappelloni per rievocazioni storiche italiane) fondendosi sulla figura umana maschile e femminile, tra il Sacro e il Profano, sempre colta con scalpitante ricchezza quasi iperrealista. Non priva di forti accenti simbolici Paola getta sulla scena dei suoi dipinti segni e momenti allusivi come carte da gioco, maschere, antichi busti, monumenti di città.
Una pittura sommossa e febbrile, ma non priva di solennità che esprime le naturali e originali propensioni di questa artista, la quale per altro si è anche ispirata ed espressa nello sviluppo di temi singolari(come la realizzazione della serie di ritratti immaginari anche dei personaggi storici dell’antica cultura senese) e altri mondi figurali disegnando dal vivo, per esempio, calzature di Prada e abiti dello stilista Cavalli, dove ha trasferito animali come aquile, cervi e motivi floreali.
Nell’essenza della sua pittura è inequivocabile la profonda suggestione esercitata su di lei dall’Arte Rinascimentale e Greco-Romana, alla quale si aggiunge una naturale frequentazione dell’artista di certa pittura nordica, da Otto Dix a Klimt ed Egon Schiele. Da questa molteplicità di influssi nasce, tutta sua, la poetica di Paola che fonde spesso, con risultati di forte originalità, il classicismo con un’attenzione intensa alla contemporaneità.
Santa Caterina da Siena nella visione pittorica di Paola Imposimato
Le opere pittoriche che Paola Imposimato ha dedicato ad illustrare i punti salienti della vita di Santa Caterina da Siena (1347-1380) sono peculiari della sua inconfondibile cifra pittorica.
Le sue tele e le sue tavole, pur rientrando nel filone per così dire ‘classico’ della pittura figurativa, ricche di citazioni che rimandano alle radici più nobili della pittura italiana, sono al contempo estremamente moderne.
Allieva del maestro Giuliano Pini, dal quale eredita la visionarietà ‘mitica’ dell’impaginato, fortemente lirico ed emozionale, Paola investe tutta la superficie di forme e di colori, con un gusto esuberante che si richiama ad un istintuale horror vacui emotivo ancor prima che razionale e figurativo. Le sue visioni di Santa Caterina – mai oleografiche e di maniera – assurgono a veri e propri ritratti psicologici di una donna modernissima, che nella fisiognomica esprime tutta la profondità della sua anima e della sua psiche. I connotati dei suoi santi e dei suoi ritratti, infatti, sono sempre umanissimi, dove si rispecchiano le gioie e i dolori, le illuminazioni folgoranti di un’estasi o gli abissi profondi di una depressione cosmica di ogni essere umano, segnato dalle cicatrici interiori della vita e dalla sua inestimabile e divina bellezza.
Imposimato trasmette nelle sue opere il proprio vissuto esistenziale e lo rende emotivamente e simbolicamente universale.
Le figure non sono quasi mai rese nella loro interezza fisica, ma per frammenti salienti, essenzialmente volti, busti e mani ripresi dal vero o quale sintesi mentale prodotta dall’artista senza modelli (con riferimenti talora all’autoritratto), tra loro riancorati in una visione di unicità e di appartenenza ad un unico corpo spesso più intuita ed intuibile piuttosto che reale. I suoi uomini e le sue donne ci parlano e ci trasmettono sentimenti e concetti attraverso il corrugarsi di una fronte, la profondità di uno sguardo, le caratteristiche di una mano operosa e segnata dal tempo che diviene essa stessa un ‘ritratto’, quasi nell’accezione etimologica del termine (da retrahere, ritrarre, trarre fuori dall’interiorità e disvelare un’anima).
L’acribia del suo disegno – matrice delle sue opere, secondo la più nobile tradizione pittorica toscana di vasariana memoria – diviene specchio talora anche ingeneroso di ogni ‘piccolezza’ umana e fisica, dovuta al trascorrere del tempo e dell’esperienza, che, ‘impietosamente’ posto sotto il riflettore di una lente di ingrandimento, ne sottolinea ed enfatizza magistralmente la sua naturalezza nell’essere ‘semplicemente’ umana ed in questo ne segna la sua grandezza: l’uomo non ‘supereroe’ che raggiunge un’impossibile ed utopica perfezione, ma che si abbandona – in tutto quello che è – all’amore infinito del suo Creatore. Anche la bellezza di torsi e di membra, pure quando sono vigorosi e virili – di impianto sonoro michelangiolesco – sono viatici di un’interiorità profonda, al pari della delicatezza di suoi ritratti di giovani donne, tutti pregni di un simbolismo che dalla maestosità epica primonovecentesca è ricondotto ad un purismo semplificato del vivere quotidiano di persone ‘qualunque’ segnate dal loro vissuto, pur non privo di un’intrinseca e residuale magniloquenza tormentata neobarocca.
Tutto ciò, sottolineato dalla regia di una luce artificiale e radente di ammiccante reminiscenza caravaggesca e da un colore acceso, deciso – sia nelle tonalità calde che emblematicamente si riferiscono all’amore e all’estasi, sia in quelle fredde che rimandano al dramma, al dolore, alla solitudine – di ascendenza espressionista, steso con rigore e precisione, fortemente materico e grumoso, sottolineato, nella sua scabrosità, dalle ombre profonde che si possono generare sotto una sorgente di luce. Colore dato con metodo quasi miniaturistico o da tecnica della “selezione cromatica” impiegata dai restauratori di quadri antichi, senza mai dissolvere la rammentata matrice del disegno ed i contorni delle figure, ma con una maniera talora quasi puntinista e di sapore divisionista, che fa irradiare la cromia di alcuni fondali come in opere primonovecentesche di Benvenuto Benvenuti.
In alcune di questi quadri, come in quello con lo scambio dei cuori tra Santa Caterina e Cristo, l’effusione mistica si traduce in un turbinio a spirale che risucchia colori e membra, in un dinamismo vorticoso che richiama esperienze futuriste.
La figura umana, come si diceva, è signora nella regia compositiva dei suoi quadri, attorno alla quale ruotano come pianeti, imprescindibili corollari che le incastonano, porzioni di oggetti e di nature morte, scorci di città ed architetture (come Piazza del Campo o la Torre del Mangia), disancorati – pur nel loro assoluto verismo – da una visione prospettica e paesaggistica globale, per ricondursi anch’essi all’interno di un’unitarietà intuita (come in certe tradizioni innovative avanguardistiche novecentesche e secessioniste viennesi e klimtiane), che rimanda ad una visionarietà interiore, sognata e ricordata dalla mente e dal cuore.
Tutto ciò fa delle opere dell’Imposimato delle autentiche espressioni di arte, di vita e di fede perfettamente inserite – senza alcuna retorica – nella problematica quotidianità contemporanea di questo disincantato Ventunesimo secolo.
Mostra Personale “Quarta Dimensione”
L’ impressione che ho avuto per la prima volta di fronte alle opere di Paola Imposimato è stata di grande suggestione perchè in una pittrice, pur così giovane, si riescono a ritrovare una grande cultura di fondo, eco e citazioni che ripercorrono un po’ tutta la storia della pittura, direi dell’Ottocento e del Novecento.
Pur essendo originalissima, pienamente ancorata al mondo in cui essa vive, quindi all’ormai incipiente XXI secolo, non è tuttavia disancorata dal passato: un passato che affonda le radici in quella tradizione di matrice ottocentesca in cui viene dato molto risalto allo studio, all’arte del disegno, alla rappresentazione per contorni e per linee delle figure.
Si tratta, dunque, di un realismo ancorato a quelle solide radici del disegno italiano, che però non sono aliene da molte citazioni di quei novecentismi che hanno attraversato tutto il XX secolo. E’ una pittura realista, che rappresenta la figura che non è mera rappresentazione dell’uomo o della donna, ma diventa simbolica in un’accezione, questa, pienamente novecentesca. Sono figure di uomini e di donne che diventano simboli di tormenti dell’animo, di crisi esistenziali estremamente moderne e che sono abbinate sempre ad oggetti simbolo.
Possono essere strumenti musicali come il violino, la chitarra, il pianoforte, come i pani nella loro semplicità, come l’uovo: simboli, questi ultimi, da sempre della vita, dai tempi di Piero della Francesca o addirittura del Cristianesimo primordiale. Attraverso queste immagini esistenziali, travagliate e percorse da una profonda adesione ai drammi dell’umano e del quotidiano, si passa, in uno scalare quasi dal metafisico all’astratto, in fondali scenici e scenografici.
Questi ultimi danno una quarta dimensione alla tridimensionalità, che già assume il quadro in sé con plasticità e volumetrie a livello scultoreo. I fondali sono disegnati con architetture geometriche e realiste, architetture prevalentemente di altri tempi, ma che assumono connotazioni e colori estremamente astratti e dire “irreali”.
Tra tutti questi splendidi quadri e disegni esposti, mi piace ricordare soprattutto “L’ultimo addio”: un poderoso quadro, con riferimenti addirittura ancora al grande movimento della Confraternita dei Preraffaelliti dell’Ottocento, con una Ofelia in primo piano galleggiante in acque trasparenti di richiamo shakespeariano. La tragedia shakespeariana è rivissuta, come si è detto, attraverso la pittura preraffaellita, ma anche tramite certe preziosità rielaborate inconsciamente e desunte da estetismi cinematografici latamente zeffirelliani.
L’altra opera su cui desidero soffermarmi è “Metafisica”: in questo ritratto di Giorgio De Chirico, ispirato al suo famoso autoritratto in vesti spagnole, si avverte una solarità che emana quasi luce e che va stemperandosi in un dipinto puntinato quasi divisionista, in forme che ricordano pure un’ astrazione informale, ma che in realtà, andando a vedere bene, non sono altro che riferimenti alle opere metafisiche, anche scultoree oltrechè pittoriche, dell’artista.
Infine, non posso esimermi dal menzionare l’opera grafica “Pablo e Guernica”, omaggio a Picasso, in cui ancora una volta la ‘scultura’ del disegno di quel volto sbozzato in bianchi e neri, in luci ed ombre triangolari, geometriche e quasi cubiste, va naturalmente a stemperarsi nel fondale richiamantesi al suo famosissimo dipinto.
Mostra Personale “L’ 8 marzo e i 150 anni dell’Unità d’Italia”
Nel calendario 2011 il mese di marzo vede due importanti ricorrenze, aggiungendosi all’annuale appuntamento con la giornata internazionale della Donna le celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia. Due eventi che, nella programmazione di “Percorsi d’arte in Biblioteca” a Pontassieve, trovano una fortunata congiunzione nell’opera pittorica e grafica di una artista come Paola Imposimato che seppur giovane vanta una lunga militanza nel mondo dell’arte e nel cui codice espressivo da sempre si configurano come protagonisti temi e personaggi dell’attualità quanto della storia.
Nel timbro poetico e simbolico che contraddistingue il suo linguaggio la realtà si tinge di toni fantastici unendo alla sapiente costruzione disegnativa una tavolozza ricca di suggestioni oniriche.
Mostra Personale “Pittura e Teatro”
Le opere di Paola Imposimato si possono senz’altro collocare nell’ alveo dell’espressionismo. La maggior parte di queste è di considerevoli dimensioni, il movimento e la spinta interiore dei singoli personaggi evoca già il teatro indipendentemente dai contenuti dei rispettivi quadri, spesso proprio alla scena ispirati. Voglio dire che il teatro, in tale contesto, è già insito nella composizione dell’opera, introversa quanto estroversa ed altamente drammatica se pure realizzata in una cromìa passionale ma non eccessivamente appariscente.
L’ armonia dei toni in ogni caso ben sintonizza l’evidenza dei personaggi,fra l’altro facenti capo alla grande opera lirica ottocentesca,in particolare al Rigoletto, alla Traviata ed altre. Questa pittura, apparentemente classica per i nostri tempi, potrebbe anche essere definita un neomanierismo,là dove questo termine, usato in senso elogiativo e non certo restrittivo,ci da la misura della perfezione ed evidenza del disegno e della funzione realizzativa e discriminante della cromatica.
L’emozione del fruitore è profonda quanto istantanea e per certi versi inaspettata: ci troviamo d’ improvviso di fronte ad un palcoscenico policromo, i cui attori in modi diversi ma sempre efficaci, esprimono i loro stati d’ animo che, ben lungi dall’apparire momentanei, sono una sintesi contenutistica che non può non attingere alle fonti eterne e non effimere dell’ arte.
Ci risulta anche una feconda interazione fra virtuosismo musicale e abilità figurativa. Notevoli le opere”Ombre d’autunno”,”Sogno di una notte di profondo inverno”,”Afrodite e la gatta”,che esternano una genuina sensualità ingentilita dalla personalità femminile, che tuttavia si manifesta forte e precisa nelle profondità prospettiche, attraverso un gioco di luci ed ombre d’ atmosfera caravaggesca . L’insieme risulta di ampio respiro e di timbro emozionale non comune.
Mostra Personale “La Pittrice del Palio”
L’ opera di Paola Imposimato è caratterizzata da una speciale attenzione per la figura umana. Alla base vi è un’ abilità disegnativa e una facilità di segno maturata negli anni che le consentono di ritrarre con grande precisione tratti somatici ed espressioni dei personaggi rappresentati: sia quelli dal vero sia quelli ricostruiti con l’immaginazione. Le sue tele sono fitte di personaggi e costruite per combinazioni di figure e di simboli in funzione narrativa. Questa architettura compositiva emerge soprattutto nei 57 stendardi realizzati per i tradizionali Palii di rievocazioni storiche italiane. In essi, caratterizzati da una sorta di horror vacui, sono giustapposti elementi identificativi dello specifico palio, ma anche della cultura e dei personaggi del luogo. Luminosi, cromaticamente intensi e vivaci, i lavori della Imposimato sembrano percorsi da vibrazioni di luce. Talvolta pare essere una luce spirituale che emana dai volti dei Santi, come per sottolineare la tensione mistica dei soggetti sacri. In altri casi la luce irrompe fredda e violenta sui corpi ignudi, sulle rughe, sui muscoli di corpi tesi in un’azione che viene riassunta in un medesimo drappo ricco di evocazioni e rinvii. Infine, in altre composizioni, la luce pare venga scomposta dal prisma per poi materializzarsi sugli oggetti con dinamiche e strutture che ricordano le opere di alcuni futuristi. Il colore della Imposimato è artificiale, espressionista, predilige i contrasti di complementari ed eleganze sofisticate. Ne emerge, da tutto questo, uno spiccato gusto decorativo che che l’ha portata a collaborare con importanti case di moda come Prada e Cavalli, esprimendo la propria creatività nella realizzazione di raffinati motivi per tessuti, pelle, ceramica e cera.
La Pittrice del Bravìo delle Botti di Montepulciano (Siena)
Non si può parlare di una manifestazione come il Bravìo delle Botti di Montepulciano senza accennare minimamente all’autrice del dipinto o Palio che verrà consegnato al vincitore della kermesse poliziana 2008. Tanto meno quando si tratta di un’artista che in terra di Siena ha messo a segno un poker di palii o cenci. Si tratta della pittrice fiorentina Paola Imposimato, autrice di ben quattro drappelloni che ha conquistato con i suoi dipinti le contrade del Palio di Piancastagnaio 2007 e, nel 2008, le contrade del Palio di Montisi, quelle appunto delle botti di Montepulciano e subito dopo i contradaioli di Casteldelpiano. Il Bravìo delle Botti della città poliziana 2008 è dedicato a Giuseppe Garibaldi: un tema di grande attualità storica ricorrendo il centenario della scomparsa dell’eroe dei due mondi che ha lasciato tracce pure in terra di Siena.
Il Ritratto immaginario di Cecco Angiolieri
Scavando nella mia immaginazione per dare un volto ai padri della lingua italiana e dell’invettiva, ho chiesto aiuto a Paola Imposimato, avendomi conquistato il suo Palio per il Bravìo di Montepulciano.
Un lavoro davvero perfetto, anche come interpretazione, che partiva dalla sosta che Giuseppe Garibaldi fece nella cittadina poliziana. Una sosta non forzata, di guerra, ma di riconoscenza per il contributo offerto dalla cittadina alla causa dei Mille sotto forma di arruolamenti volontari. Di quel lavoro, mi colpì molto un Garibaldi inedito, sereno, quasi sorridente, trasversale, davvero irrituale per quanto fosse già in preda ai dolori reumatici e stufo di tirare la volata al Re e di prendersi pallottole “amiche” nella gamba dagli sgherri del Rattazzi . L’insieme di quel quadro era una sedimentazione della storia, ma anche di un momento di partecipazione e umano unico, un grande affresco con le figure impilate una sull’altra della quale l’autrice mi sembrò testimone più che partecipe.
Seppi poi che ha dipinto altri Palii, e mi incuriosì molto quella sua particolare declinazione artistica che non è manierismo né omologazione di immagini legate alla tradizione. No, dentro c’è molto di più e quei volti, anche se umili, sono facce che appartengono alla storia, compresi i cavalli che sembrano sempre essere dei campionissimi appena vincitori di un Arco di Trionfo, l’occhio vivo, compiaciuto, e il mantello luccicante.
La pittura è anche l’occhio (o il bacio) della storia. Coglie sensazioni telepatiche, chiedendo all’artista di essere medium, che sfuggono alla gente. Si tratta di un processo di metempsicosi, di telepatia, di un corpo che entra nell’altro. Processo col quale Paola Imposimato senza averne la presunzione di sbatterci in faccia questo suo dono speciale ci racconta di aver frequentato quei soggetti, di aver vissuto quegli anni. Non a caso, si fregia della chiamata dell’Accademia del Paiolo che nel 500 radunava i più grandi artisti del’epoca, fra cui – secondo il Vasari – Del Sarto e il Bronzino che ogni anno davano vita a un’artistica imbandigione della quale si favoleggiava in Firenze.
Quasi per gioco ho chiesto a Paola Imposimato , che già ha saputo dare un volto a Santa Caterina da Siena, di entrare in contatto con Messer Cecco, anche lui santo ma… bevitore. Debbo dire che visto il bozzetto quegli occhi acuti,messianici, che penetrano i tempi, le persone, e arrivano dove nemmeno il verbo può, mi hanno fatto abbassare lo sguardo.
La ruota del destino sta già girando, non so con quale velocità, mossa da Cecco. Credo proprio che la Contrada della Civetta che da molti anni è presa di mira dalla jella presto avrà buone nuove dal suo incompreso genio che adesso finalmente, grazie alla pittrice fiorentina, ha anche un volto. E può permettersi di voltare le spalle anche al Sommo Poeta del quale nei Sonetti si definisce il pungolo.
La Pittrice del Palio di Piancastagnaio (SI)
Nel 2007 l’incarico per la realizzazione del Palio di Piancastagnaio è stato affidato a Paola Imposimato, nota anche per le sue collaborazioni con lo stilista Roberto Cavalli e con Prada, ma che nel ritratto sembra aver trovato una delle sue migliori espressioni e abilità creative. Proprio nel ritratto della Madonna -uno dei temi d’obbligo del Drappellone- sembra si sia perso ogni elemento di sacralità per diventare una donna che vive in mezzo alla gente, con un volto che esprime intensa tenerezza e partecipazione alle vicende umane. E che dire poi del Bambino, così poco classico ma che sembra sintetizzare tutti i volti europei, anche nelle loro trasformazioni per i contatti con altri gruppi etnici? Di grande efficacia anche la sproporzione delle mani, una protesa a sostenere amorevolmente il Bambino e l’altra, altrettanto amorevolmente, posata su un cavallo come un segno di protezione della corsa. Non ci sono nè cabale nè significati reconditi nè riferimenti criptati, ma nulla è banale. Come avviene nell’ arte cosidetta ‘colta’, corrente alla quale appartiene la Imposimato, la semplicità non è sciattezza ma un difficile e sofferto punto di arrivo.
Paola Imposimato
Paola Imposimato appartiene a quella nuova frontiera creativa che tra la fine degli anni Settanta ed i primi degli anni Ottanta ha recuperato, specialmente in Italia, grazie ad un profondo entroterra culturale, la tradizione della pittura, compiendo quell’autentica provocazione, rottura o rovesciamento, nei confronti della cultura dominante che sino a quel momento era stata propria dell’avanguardia internazionale. La Imposimato è una visionaria, con visioni laiche ed attuali, soggettive e pulsionali, mistiche e storiche: con identificazione ed assieme nostalgia impotente della distanza e della differenza. Insomma si può ben dire che l’artista vive in un tempo sospeso, dove il momento più intenso di incontro tra immaginazione, memoria e sogno impaziente, è colto come all’apice di un parossismo della visione; che è un modo di ardere con intensità temporale, di quella fiamma situata in quella sede profonda dell’eroismo che è l’anima, il cuore o l’inconscio, nero o rosso che sia.
Nella pittura della Imposimato dopo la caduta dell’ideologia dell’avanguardia, c’è un ritorno al passato che però coincide con la memoria silenziosa di un vissuto personale: un silenzio sapiente, inquietante specchio di un mondo interiore.
Un tonalismo il suo, tinto di inconscio, una presenza architettonica che attraverso il tema della prospettiva, guida alla riscoperta della sospensione moderna dechirichiana.
L’oblio che si scorge nella pittura dell’artista fiorentina, è una bellezza che diviene sublime appartenenza ed intima immensità, sconvolgendo nel silenzio assoluto l’essenza dell’immagine. Non c’è solo ragione nella pittura di Paola ma tanto sentimento ed amore. Non c’è neppure certezza né totale rivelazione, se non quella della condizione evanescente ed irraggiungibile di una meta; né più destinazione che quella verso la quale il desiderio la spinge, errante tracciatrice di vie in un mare che non contiene Itaca.